Qualcuno si sentirà offeso, nessuno si senta escluso [ovvero gli autogol di Arcigay che fanno male solo alla comunità]

Questa nota è scritta con Andrea Tornese.

“Gay aggredito: fiaccolata al Colosseo

Fiaccole accese che si sono mosse dalla ‘gay street’ a via Fagotale, passando per il Colosseo. Ragazzi e ragazze che si tengono per mano e gridano “no all’omofobia”, tutti stretti simbolicamente attorno al giovane omosessuale aggredito nella notte tra martedì e mercoledì scorso a Roma […] sono decine le persone che si sono date appuntamento questa sera in via San Giovanni in Laterano, vicino al Colosseo…
Domenica 30 maggio 2010 23.44″

Questo è come un giornale sardo racconta la fiaccolata di ieri sera. Questa poteva esserne la sola cronaca. Questa poteva essere l’ennesima dimostrazione di una comunità cittadina stanca, impaurita, ma con ancora arresa e con la precisa voglia di riprendersi i propri spazi di libertà.
E chi, come il sottoscritto crede in WHAD, sa come agisce, spontaneamente, velocemente e senza escludere nessuno, ma altrettanto senza privilegiare nulla o nessuno che non sia l’interesse del popolo lgbtqi che ogni volta liberamente si convoca. Fiaccolate per svegliare le persone e la città uniti sotto un’unica bandiera, quella rainbow, che ci rappresenta aldilà delle sigle associative.

E visto che ‘l’emozione’ era davvero forte, visto che ancora una volta l’aggressione si era registrata proprio lì dove la nostra comunità vive e dove potrebbe sentirsi più al sicuro, visto che ancora una volta singole persone LGBTQI rispondevano numerose (e non erano solo ‘ quei 4 di WHAD’ miseri e sparuti descritti da qualcuno…), visto che ancora una volta Roma rispondeva, avrei potuto anche evitare di descrivere il teatrino che dalle 21,10-21,15 si è consumato davanti al coming out.

Perchè prima le nostre fiaccolate danno fastidio, perchè totalmente autonome e senza tributi da pagare a nessuno, politico o associazione che siano, ma poi, quando funzionano, devono essere cavalcate. E dunque via a dare in pasto a fotografi e giornalisti la propria presenza, le proprie bandiere, le proprie sigle. Non dirò chi, quasi con la bava alla bocca, cercava di rilasciare questa o quella intervista, accaparrarsi questa o quella telecamera. Mi sarebbe bastato registrarlo e vedere che i soliti fanno le solite cose. Avrei semplicemente riconosciuto a Rossana Praitano del Circolo Mario Mieli quantomeno il rispetto della manifestazione, dimostrato attraverso la partecipazione personale, senza bandiere, senza clamori e senza la ricerca affannata di questo o quel reporter per poter dire la propria e tentare di far uscire il nome della propria associazione.
Dunque sarebbe potuto bastare questo per descrivere la serata: il popolo di Whad avrebbe per l’ennesima volta dimostrato la voglia del popolo LGBTQI di esserci e di reagire compatto.
Ma purtroppo l’arroganza e la cecità politica di un gruppetto (questo davvero composto dai soliti 4 [ao scusate ma uno di un’associazione che sono anni che non porta in piazza con le sole proprie forze nemmeno i parenti stretti e poi ci definisca “quei 4 di WHAD” proprio non mi va giù.]) ha turbato la serata e ha regalato l’ennesimo pessimo spettacolo a chi ci guarda.

Da più parti ci saranno le cronache (questa molto divertente e acuta ) io, come al solito, aggiungerò qualche particolare e riflessione, del tutto personale.
Arrivati a Via Fagotale i ragazzi di WHAD che avevano consegnato i propri nomi alle autorità, prendendosi la responsabilità di una manifestazione non autorizzata, ma come sempre pacifica, hanno, sempre a seguito delle trattative con le forze dell’ordine, dichiarato sciolta la fiaccolata. Quello che sarebbe successo dopo sarebbero state ‘mosse’ portate avanti da singoli cittadini.
Insomma, molti dei partecipanti, a seguito della fiaccolata decidono di andare a protestare simbolicamente davanti al bar dove secondo la ricostruzione, sembrerebbe sia stato negato soccorso al ragazzo aggredito e ai suoi amici.
Personalmente ero scettico, non vedevo il preciso stampo omofobo in quel rifiuto (cosa che poi si è confermata con la ricostruzione insieme alla proprietaria del bar), ma come cittadino ero comunque sgomento del fatto che un esercizio commerciale potesse negare aiuto a un ragazzo ferito per il solito modo italico del ‘ non voglio problemi’.

Quello che succede davanti al bar in questione ha del grottesco, se non fosse che ancora una volta conferma lo sfacelo, non solo della comunità romana, ma la distanza incolmabile tra arcigay roma e una gestione privatistica e priva di strategia politica verso il resto delle singole persone LGBTQI.

Quando, davanti al bar (che ci era stato indicato, più volte, con più verifiche, da uno dei ragazzi presenti martedì notte) alcuni animi si scaldano e oltre alla protesta simbolica partono cori contro i proprietari del locale, Daniele Sorrentino di Arcigay e Fabrizio Marrazzo corrono e sbraitano contro chi stava facendo quella dimostrazione, al grido “che cosa fate, NON E’ QUESTO IL BAR”. Purtroppo, per quanto ben fatta, nessuna cronaca riuscirebbe a spiegare e raccontare la violenza, sottolineata dagli urli e dalla ‘corsa’, di queste frasi. I due esponenti di Arcigay Roma hanno letteralmente inveito e aggredito alcuni dei manifestanti, hanno continuato a dire che il bar non era quello in questione, hanno tenuto un atteggiamento di arroganza e supponenza, nonchè, ripeto, violenza nei modi, degno della conclusione di una fiaccolata contro l’omofobia.
Quando il ‘testimone’ ha confermato che quello fosse il bar, piuttosto che ripiegare sul proprio errore (anche se dopo aver usato certi modi e toni, sarebbe stato impossibile tornare indietro) hanno tentato un tentativo che io ho letto intimidatorio nei confronti del ragazzo gridandogli contro più volte “Ti becchi una querela”. Ancora grida, ancora atteggiamenti arroganti e violenti, ancora tensione.
Ma il ragazzo testimone fortunatamente non si fa intimidire, conferma la versione. Seguono momenti concitati in cui Marrazzo e fedelissimi tentano di capire come recuperare il loro enorme autogol e così tra le tante opzioni, scelgono la peggiore, tentare di metterci una pezza, subito e pubblicamente.

La prima frase che Marrazzo pronuncia nel tentativo di rimediare, non suona come una scusa, un’assunzione di responsabilità, un’ammissione di un errore di valutazione, ma come il tentativo, ancora una volta, di giustificarsi, di uscirne puliti. Esordire dicendo “Siamo ancora emotivamente scossi” ha provocato ulteriore e motivata indignazione dei presenti.
Perdere per un autogol può succedere, farsene due in una sola partita è un colpo da maestri.
Quello che emerge? Emerge che la comunità romana è sempre più allo sbando, che la voglia di protagonismo, l’arroganza e l’incapacità politica di pochi, ieri, è andata oltre il solito balletto per accaparrarsi le telecamere. Emerge che chi, ieri, ha partecipato spontaneamente a una fiaccolata, fuori da tutte le beghe associative, realmente scosso emotivamente dall’accaduto, ha visto una scena di violenza interna che li ha lasciati sgomenti. Emerge che Arcigay tentando di mettere il cappello su tutto, riesce a rovinare quel tutto e il potenziale partecipativo che esiste ancora nel popolo LGBTQI. Emerge, come faceva notare più di qualcuno, la riproduzione di quei teatrini che allontanano i cittadini dalla politica.

Qualcuno la chiama ingenuità, altri sindrome di Willie il cojote, altri cecità politica. Credo che più di tutto ai presenti abbia scosso proprio l’atteggiamento violento e quel ‘siamo ancora emotivamente scossi’ che hanno provocato indignazione in chi, fuori dalle logiche di potere, fuori dalle scaramucce tra prime donne, fuori dalle strategie di accaparramento della scena, cui questi personaggio giocano da sempre senza distinguere i momenti in cui è davvero inopportuno farlo.
Siamo noi che siamo ancora emotivamente scossi, siamo noi che continuiamo ad avere paura se parcheggiamo lontano dal locale dove abbiamo passato la serata, siamo noi che andiamo in strada con i nostri corpi e le nostre fiaccole perché la lotta all’omofobia è prioritaria rispetto a qualsiasi altro equilibrio o lotta tra sigle associative.
Questo è quello che si può, amaramente descrivere della serata di ieri, questo è quello che ha rovinato la nostra presenza. Credo non sia un racconto poi così parziale, visto che erano presenti davvero tante persone. Credo che qualcuno potrà anche sentirsi offeso, ma, nessuno potrà sentirsi escluso.